La peste a Mantova. Provvedimenti per il contenimento del contagio
Anno 1630. La città di Mantova, da due anni coinvolta nella guerra di successione per il Monferrato, si preparava ad affrontare uno dei periodi più bui della sua storia. La peste si stava diffondendo in tutta la Lombardia, ma ancora nel mese di marzo, nonostante la mortalità in città fosse cresciuta significativamente, i medici e le autorità sanitarie non si esponevano nel dichiarare la presenza della malattia a Mantova. Quasi come un tabù la parola peste non veniva pronunciata, nonostante le morti sospette coinvolgessero anche membri di spicco della società mantovana.
Solo il 12 aprile, a peste conclamata, il Duca si vide costretto ad istituire il lazzaretto in Borgo San Giorgio dove ricoverare i poveri, sia infetti che sani, da curare e sfamare.
Dato il diffondersi dell'epidemia, le autorità sanitarie dovettero prendere i primi provvedimenti: a partire dal giorno 23 aprile si iniziarono a “serrare” le abitazioni degli infetti, proibendo ai malati e ai loro familiari di uscire di casa.
Dopo la processione di penitenza del 7 aprile, che con l’esposizione delle ceneri di papa Celestino I dalla Cattedrale a S. Andrea invocava la benevolenza divina, una nuova processione fu prevista per il 9 maggio, giorno dell’Ascensione, questa volta esponendo l’insigne reliquia del Preziosissimo Sangue di Cristo. L'evento fu del tutto eccezionale, dato che si era verificato solo in un’altra occasione nel 1522, per volontà della beata Paola Gonzaga.
Federico Amadei, nella sua Cronaca Universale della città di Mantova, racconta l'accaduto nel dettaglio:
«Tutt’il clero secolare e regolare, convocatosi nella Cattedrale, come si suole per la festa Corpus Domini, si portò processionalmente alla basilica di S. Andrea, nel cui atrio, sovra altare portatile, stava esposta l’insegne reliquia, che fu alzata da quatrro Canonici, ed altri quattro sostenevano le aste del baldacchino.
Tutta la nobiltà, dimessamente vestita, non meno che la Principessa Maria, escita dal convento di S. Orsola, susseguivano; e ciò che rendette compunzione maggiore si fu lo stesso Duca, a piedi scalzi, vestito colla nera divisa della Compagnia della Santa Croce, accompagnato da cavalieri e confratelli, e dopo di lui li cittadini in folla, tutti in lagrime, implorando Dio, con cui a suggerimento del P. Pulzoni, eransi tutti sagralmente comunicati la mattina.
La processione, in partendosi dalla Basilica di S. Andrea, andò alla lunga della contrada della Cicogna fino alle due chiese di S. Simone e di S. Tommaso, poi rivolse verso S. Agnese, e colà, per di sotto ad un portichetto che vi è dirimeptto, ritorse e rientrò per la porta della canonica di detta basilica.
Ivi essendo stato collocato sovra l'altare maggiore il preziossimo tesoro della redenzione del mondo tutto, due Dignità della Cattedrale benedissero con quello tutt'il popolo; e così senza del menomo sconcerto terminò la processione di penitenza».
Ma la situazione per Mantova stava diventando decisamente drammatica: il nemico era alla porte, a malapena si potevano assicurare i viveri per la popolazione e allo stesso tempo si doveva fronteggiare il dilagare dell’epidemia.
Nei verbali della Congregazione di Sanità – conservati nell'Archivio Gonzaga – datati 3 maggio, 7 maggio e 1 giugno 1630, emergono le incessanti preoccupazioni delle autorità nel gestire l'emergenza sanitaria. La difficoltà di individuare gli infetti e isolarli per evitare ulteriori contagi era evidente, in particolar modo all'interno del Ghetto, zona che inizialmente era sfuggita al controllo puntuale dei medici e degli Ufficiali deputati. L'idea che fosse necessario evitare il contatto tra gli abitanti della città stava prendendo corpo, tanto da valutare soluzioni più drastiche da applicare all'intero territorio cittadino.
Una testimonianza assolutamente preziosa ci viene tramandata dalla minuta di un editto conservata nell'Archivio Gonzaga. Il documento è privo di riferimenti cronologici, ma elementi interni ed il confronto con altre fonti ne consente la datazione al giugno del 1630.
L'editto prevedeva la “serrata” totale degli abitanti della città all'interno delle proprie case per 22 giorni, a prescindere dalla condizione di salute; dal momento dell'emanazione della disposizione fino all’inizio della “serrata” sarebbero passati 6 giorni, durante i quali gli abitanti della città avrebbero dovuto organizzarsi secondo le indicazioni date dalle autorità. Il provvedimento si sviluppa prendendo in considerazione una molteplicità di aspetti: le modalità di recupero dei viveri, la necessità di avvalersi di una certificazione che individuava un solo membro per famiglia autorizzato ad uscire per provvedere ai bisogni dell'intero nucleo familiare, l'elenco dettagliato delle categorie di lavoratori che potevano continuare a muoversi all'interno del tessuto cittadino, regole sul prelievo e la sepoltura dei cadaveri, le pene inflitte ai trasgressori e altro ancora.
Il documento, nella sua complessità e ricchezza di dettagli, evidenzia la grande lucidità d'analisi esercitata dalle autorità del tempo nell'ipotizzare la gestione e l'attuazione di una misura del genere.
Non è noto al momento se effettivamente l'editto fu reso operativo. La lacunosità della documentazione relativa ai mesi centrali del 1630 non ci ha permesso, a tutt'oggi, di verificare la concreta adozione del provvedimento, che presumibilmente fu superato dal precipitare degli eventi bellici: la nuova stretta d'assedio da parte delle truppe imperiali, la successiva presa della città e il celebre “sacco di Mantova” perpetrato dalle truppe imperiali tra il 17 ed il 18 di luglio.
Si restituisce la trascrizione integrale del documento:
«Ai gravi mali si devono applicare gravi rimedi ancorché fossero alcuna volta etiandio dispiacevoli ai medesimi infermi, però noi che miriamo con occhio di compassione le afflitioni che patisce questa nostra città ed amatissimo popolo per le corenti malatie et avversità. Con l’esempio d’altri luoghi ben regolati in Italia et altrove, che in simili accidenti sono ricorsi a tal provisione, habbiamo deliberato dopo maturo consiglio con il presente editto di comandare una universale quarantena con cui ciascuno etiandio sano sarà tenuto serrarsi in casa. Per le strettezze in cui ci troviamo, acciochè i sudditi sentano minor incomodità a questo, si dovrà fare con le moderationi quanto al tempo et quanto al modo che saranno per le suo qui sotto espresse.
È dunque nostra mente che ogni persona di qualsivoglia stato, grado et conditione, ancorchè privilegiata e privilegiatissima et di cui bisognasse far mentione particolare, debba dopo sei giorni da cominciarsi dalla pubblicatione delle presenti nostre, rinchiudersi con la famiglia, ancorchè fosse con intera sanità, nella casa della propria habitatione, per giorni ventidue continui, il primo dei quali sarà [spazio lasciato bianco] et l’ultimo sarà [spazio lasciato bianco]. D’onde non potrà alcuno uscire senza nostra espressa concessione firmata di nostra mano, sotto pena della vita a chiunque contrafarà e perché trattandosi della pubblica salute, usar rigore e pietà vogliamo, che chiunque accusarà all’Uffitio della Sanità un disobediente o trasgressore di questo nostro ordine, oltre d’esser tenuto segreto, se vorrà guadagni 50 scudi da essergli immediatamente sborsati dei denari che si raccoglieranno per facilitare il presente ritiramento.
Nei sopradetti sei giorni dovrà ciascuno prender anticipatamente per le sue case delle cose necessarie per il vivere per tutto il tempo già dichiarato di 22 giorni, per quanto sarà possibile il che facilmente potrà riuscire ai benestanti, aggiunto l’aiuto delle provisioni et regole infrascritte, ma quanto ai poveri che si sostentano giornalmente con le proprie fatiche, non havendo essi il modo di possedersi di vettovaglie sufficienti, basterà che dentro il termine sopradetto si proveggano d’instrumento da lavorare o per campagna, come di ferri da legare o da mietere o da far legna, o per la città nella fabrica et riparazione dei forti, come di zappe, badili, vanghetti, barizze, carriole, corbetti, ceste o altra cosa simile con darsi in nota nel tempo sudetto all’Ufficio della soprannominata Sanità, col nome e cognome et mestiere suo insieme con la famiglia c’haverà, poiché si sappia quali saranno atti a lavorare e quali no, acciochè possa essere a ciascuno proveduto con la destinatione del luogo dove doverà essere impiegato et dove sarà a tutti, secondo l’opera che faranno, pagata quotidianamente la mercede conveniente con cui potranno fornirsi di pane per viver, che sarà apparecchiato nei luoghi sodetti nei quali si lavorerà. Dichiarando che le donne saranno anch’esse a tal lavoreto, ma separatamente dagli uomini per ricevere il premio proportionato alla fatica che faranno.
Ciascuna casa, che sarà serrata, non essendo infetta, haverà uno degli habitanti in essa che potrà andare in volta liberamente in ogni tempo per provedere ai bisogni quotidiani degli altri, secondo la nominatione che ne farà al Collaterale il capo di essa casa, al quale sarà lecito nominar se stesso in luogo d’altri, volendo, et ciò si dovrà fare prima che passi il tempo prescritto dei sei giorni, et a questo tal deputato sarà dall’Ufficio del Collaterale sodetto data licenza in scritta firmata da lui, o in sua assenza dalla città, o malatia, da Paolo Menini suo Coadiutore, da portarsi presso di se perché mostrandola agli ufficiali di giustizia all’occorrenza possa essere libero da ogni molestia: avvertendo che tal licenza non si dovrà prestar ad altri sotto pena di tre tratti di corda a chi contrafarà. Si cossì non potrà il sopradetto capo di casa far cambio della persona che dal principio nominarà per tal servitio, se non ne darà prima notitia et ne haverà licentia dal medesimo Collaterale che debbano darsi senz’alcun premio. Et se molte famiglie abiterrano in una casa, a ciascun capo di famiglia si darà l’intera facoltà di haver uno per i suoi bisogno libero come sopra.
Quanto alle case infette dei benestanti, queste potranno haver uno fuori di esse che vada attorno liberamente per fare i fatti loro, mediante la licenza come sopra, secondo gli ordini già dati in ciò dalla Congragatione ai quali anche ci rimettiamo per quello che tocca alle case infette dei poveri.
Eccezzioniamo dall’obbligo di star in casa tutte le infrascritte persone:
i Ministri, servitori attuali et ufficiali nostri, et del Principe, et della Signora Prencipessa nostri figli, che saranno descritti nella nota che manderemo firmata di nostra mano al Collaterale, et concedendo solo tal libertà a quelli che stimeremo necessarii per il nostro servitio; tutti i capi et ufficiali di guerra et i soldati stipendiati, così di cavalleria come d’infanteria.
Gli altri soldati ancora descritti nella militia ordinaria non stipendiati, quando non siano di casa infetta, potranno uscire mentre saranno in attual servitio comandati dai nostri Tenenti Generali della cavalleria, infanteria et artiglieria, per quel tempo solamente che servirann et non altrimenti.
1) I soldati delle nostre guardia a cavallo et a piedi et del castello minore staranno di guardia solamente et non in altro tempo.
4) I gentilhuomini deputati delle parochie per la cura di esse e per il sovvenimento dei poveri.
5) I cittadini che saranno eletti per la cura particolare delle strade come si dirà qui di sotto.
7) I medici non solo determinati per i quartieri al servitio degl’infetti ma anche tutti gli altri della città.
8) I barbieri che saranno nominati in ciascun quartiere dalla Congregatione per la cura degl’infetti.
2) Il Presidente, Collaterale et altri deputati che intervengono nella congregatione della sanità o che servono ad essa.
3) Il Proveditore e tutti gli altri ufficiali c’hanno la cura dei viveri della città.
6) Il Mastro delle Poste et suoi uffitiali.
11) I beccari, pescatori et altri vivandieri che saranno nominati et destinati per far provisioni necessarie per il tempo della sodetta quarantena
9) Gli uffitiali de molini, molinari e garzoni.
10) I capi di compagnia.
I beccamorti che doveranno portare i loro segni per essere conosciuti dagli altri.
Il bargello et suoi uffitiali.
Di tutti i sopradetti doverà il notaro della Congregatione tener nota distinta affinchè non possa nascere fraude o svario, volendo che chi commetterà fraude in qual si voglia maniera contra questi nostri ordini sia punito in tre tratti di corda irremisibilmente, non derogando però alla pena dichiarata della vita contra quelli che romperanno il sequestro.
2) Si manderanno in volta per le contrade medici et barbieri deputati, acciochè le case infette dei poveri che sono rinchiusi se ne possano valere.
Delle cose spirituali spettanti al governo delle anime e spetialmente del far dir le messe su i cantoni delle vie pubbliche si prenderà pensiero il Vicario episcopale, si come ancora del serramento, che dovrà seguire degli ecclesiastici nel medesimo tempo di quello dei laici.
3) Ogni bottegaro, c’haverà la bottega dove ha la casa, doverà, tenendo chiusa la bottega, per un finestrino di esso vendere la propria mercantia al prezzo ordinario corrente, senza alterarlo per tal occasione.
1) I Capi et uffitiali di guerra daranno ordini ai loro soldati che non partano dai posti o dai quartieri, dove saranno fornari et vivandieri destinati per il loro bisogno, se non quando saranno comandati per servitii militari.
4) Le case degli Ebrei staranno anch’esse rinchiuse nella maniera espressa di sopra et oltre di ciò comandiamo che si chiuda il Ghetto si che niuno Ebreo possa uscire et niuno Cristiano possa entrarvi se non quelli che saranno destinati dalla Congregatione per bisogno degli infermi et per la sepoltura dei morti, con permetter però che diece di detti Ebrei che saranno eletti dall’Università possano uscire et andare in volta liberamente per far le provisioni per gli altri, e tra questi in tal congiuntura si darà la licenza d’andar senza segno, si come doveranno essi prenderla d’andar in volta dall’Uffitio della Sanità a cui si daranno in nota.
6) Per impedir i furti et altri misfatti camineranno di giorno e di notte compagnie a piedi et a cavallo etiandio delle nostre guardie per maggior sicurezza dei sudditi.
5) Si porteranno ancora qualche volta per le contrade pane et altre robbe mangiative da vendere per quelli che essendo serrati, non potessero sovvenirsi per altra via, e l’istesso faranno gli ortolani che stanno fuori dalla città, non volendo permettere che ne contadini ne altri che vengono da fuori si fermino in piazza a vendere, ma vadano per le strade dispensando la lor robba a chi vorrà comprarne.
Sarà lecito a ciascheduno, anche da poi che sarà serrato, andar fuori dalla città e dallo Stato per tutto il tempo che durerà il sospetto del contagio, purchè non sia impiegato in nostro servitio o militare o d’altra sorte, che in tal caso ci vorrà nostra speciale licenza.
Se ben ogn’uno prima di rinchiudersi nel tempo conceduto dei sei giorni dovrebbe prepararsi ad ogni accidente, così per l’interesse dell’anima, come per disporre delle sue facoltà dopo la morte, tuttavia ad ogni buon fine si concederà licenza di andar in volta ai notari, quando da alcuno saranno chiamati per far testamento, poiché in tal caso potranno partendo dalla loro habitatione andar a quella di chi vorrà servirsi dell’opera loro e ritornarsene immediatamente a dirittura sotto pena contrafacendo di cento scudi per ogni volta, da distribuirsi per una terza parte all’accusatore et per le altre al servimento dei poveri infetti di S. Giorgio, oltre le altre pene espresse in questa grida contra quelli che in qualsivoglia modo commetteranno fraude in pregiudizio di questi nostri ordini. Ma quanto ai testimoni che doveranno intervenire all’estensione delle ultime volontà vogliamo che questi si riducano al numero di [spazio lasciato bianco] secondo che le leggi in simil tempi di contagio dispongano e ciascuno doverà chiamare i più vicini, che non avendo legitimo impedimento comandiamo debbano prendersi questa briga per carità.
L’istesso si dice quanto all’andar in volta delle comadri, quando saranno domandate a levar di parto o a visitare quelle c’haveranno partorito che potranno a diritura in tal caso andar e ritornar alle case loro.
Quelli che vorranno andar a lavorar alla campagna potranno senz’altra licenza andar a diritura fuori della porta della città et ritornare quando vorranno nel medisimo modo, senza fermarsi in alcuna casa per la strada con pena di tre tratti di corda contrafacendo.
Comettiamo che si continuino le diligenze alle porte della città con assistenza dei gentilhuomini et mercanti nel tempo che durerà la quarantena, per non lasciar entrar alcuno che venga da luoghi sospetti, e perché l’osterie non si doveranno tenere aperte, se alcuno comparirà non sospetto, se gli farà intendere ò che vada a casa d’amici ad alloggiare, ò che se ne ritorni per i fatti suoi, senza voler alterare per rispetto de pochi forestieri (che forse niuno ne comparirà in tal congiuntura) le regole che riguardano la preservatione universale dei cittadini.
Se alcuno degl'infetti poveri che non haverà chi per lui vada fuori di casa, si troverà haver un morto nella propria habitatione, doverà darne segno per le finestre con un panno bianco di giorno o con un lume la notte, il che vedendo i sodetti beccamorti saranno tenuti andar levar i cadaveri, et seppelirli, al quale effetto si doveranno distribuire per andar ogni giorno per tutte le contrade della città, secondo gli ordini, che saranno dati dai deputati della Congregatione della Sanità.
A quelli che moriranno infetti di mal contagioso si darà sepoltura di notte per mezo dei beccamorti solamente, ma quando morissero d'altro male, o di lunga febbre, che duri più di tre giorni, il tal caso potranno asser sepolti con l'intervento del parochiano, ma senza altro funerale, et ciò potrà farsi anche di giorno se così vorrano i loro attinenti.
Dovrà anche eleggersi dai Procuratori delle parochie gentilhuomo o cittadino per ogni strada a loro sottoposta habitante in essa, c'habbia pensiero di visitar ogni giorno ad una ad una le case della medesima strada, o almeno dimandarà dalla finistra a gli abitanti quello che loro occorre, per intendere er riferire i bisogni di ciascuna al medesimo Procuratore, il quale o provederà da se, o non potendo farlo ne farà consapevole la Congregatione della Sanità per applicarvi il rimedio opportuno.
Sempre che si darà all'arme con suono della campana, secondo gli ordini dati tutti i rinchiusi, che non saranno di case infette, potranno et doveranno uscire per andare alla difesa per il tempo che durarà tal mossa, nonostante la generale proibizione, et finita tal occasione doveranno ritornare alle loro case con il medesimo sequestro.
Si leverà la ragione da tutti i Tribunali e cesseranno tutte le liti, mentre che durerà la quarantena dei ventidue giorni et ogni altra ordinanza di qualsivoglia sorte resterà proibita senza particolar licenza de superiori.
Per il resto che riguarda alle case infette, incarichiamo di nuovo ai medici e barbieri l'osservanza dell'ordine già dato, di denuntiare quelli che troveranno con bogne o carboni o simili la prima volta che li medicheranno, o che saranno morti di febbre in meno di tre giorni, avertendo che la pena per l'avvenire sarà irremisibilmente eseguita, poiché per il passato intendiamo essere stata trascurata, lasciando però in lor vigore le altre ordinationi fatte in tal genere della sodetta Congregatione.
I deputati della Congregatione sodetta ordiniamo che ogni giorno si radunino à certa hora precisa acciò che ogn’uno sappia dove et in qual tempo haverà da far capo nelle sue necessità.
Se occorrerà qualche accidente particolare che per urgente necessità d’alcuno habbia bisogno di spetial provisioni, haverà facoltà la Congregatione della Sanità di provedere con straordinarie concessioni, secondo ai deputati di essa parerà, non potendosi in una legge generale comprendere distintamente tutte le particolarità» (Archivio Gonzaga, b. 3048 c. 756r-761v).
Anna Casotto
Funzionario archivista dell'Archivio di Stato di Mantova
Riferimenti archivistici e bibliografici
Federico Amadei, Cronaca universale della città di Mantova, vol. III, Citem, Mantova, 1956, pp. 404-584
Archivio Gonzaga, b. 3048, cc. 196-201. Verbali delle sedute della Congregazione di Sanità del 3 maggio, 7 maggio, 1 giugno 1630.
Archivio Gonzaga, b. 3048, cc. 756-761. Minuta dell'editto di “comandare una universale quarantena”.